APPROFONDIMENTO SULL' ARTROSI
- Matteo Canzi
- 21 apr 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 apr 2022
L’artrosi è un’artropatia cronica prevalentemente degenerativa a eziopatogenesi sconosciuta, interessante il rachide e le articolazioni degli arti, caratterizzata da perdita primitiva di cartilagine
articolare e da apposizione di osso neoformato in sede pararticolare, con conseguente sintomatologia dolorosa e limitazione funzionale. Nonostante solo una minoranza dei portatori di tali alterazioni lamenti
disturbi, l’osteoartrosi è di gran lunga la causa più importante di dolore e invalidità per malattie articolari.
EPIDEMIOLOGIA
L’osteoartrosi è fra le malattie croniche più frequenti nella popolazione generale ed è una delle principali cause di disabilità nell’anziano (Johnson VL, et al. Best Pract Res Clin Rheumatol. 2014; Collins NJ, et al. Osteoarthritis Cartilage. 2019). Questa patologia è più frequente nei paesi con un tenore socio-economico e dove l’aspettativa di vita è più elevata (Vina ER, et al. Curr Opin Rheumatol. 2018; O’Neill TW, et al. Best Pract Res Clin Rheumatol. 2018). Si calcola che, in media, il 15.1% della popolazione degli USA sia affetta da problematiche osteoarticolari classificabili come artrosi, mentre in Italia coinvolge quattro milioni di persone, circa il 12.1% della popolazione.

EZIOLOGIA
La causa dell’osteoartrosi è ignota; in alcuni soggetti sembra insorgere senza causa apparente mentre in altri sembra essere favorita da attività lavorative o abitudini che causano un aumento del carico sulle articolazioni. Come per altre patologie oltre alla predisposizione genetica esistono dei fattori di rischio che possono causare l’insorgenza della patologia e l’aggravamento dei sintomi:
Sovrappeso o obesità: queste condizioni determinano un aumento del carico delle articolazioni e quindi un maggior rischio di lesione cartilaginea
Fattori ormonali: la mancanza di estrogeni è probabilmente è la prima causa di osteoartrosi nelle donne, anche patologie come il diabete e l’iperlepidemia possono interferire con il metabolismo del tessuto cartilagineo aumentandone la degenerazione.
Età: sebbene l’incidenza della patologia aumenti in relazione all’età, l’invecchiamento, di per sé, non è causa di OA, essendo ben diverse le alterazioni della composizione dalla cartilagine articolare nell’anziano e nel malato. Tuttavia, l’età favorisce l’assommarsi di fattori quali usura, microtraumi, alterazioni metaboliche, che facilitano o accelerano la comparsa della malattia, e resta il fattore di rischio principale nonostante non si conosca il vero meccanismo per il quale questa correlazione si verifichi.
La prima lesione consiste in un rammollimento e appiattimento focale nella sede di massimo appoggio delle opposte cartilagini, che assumono aspetto vellutato e giallastro e mostrano istologicamente enorme aumento dell’attività metabolica dei condrociti, che si aggregano in ammassi entro lacune della cartilagine, pur riducendosi sensibilmente di numero. L’attivazione dei condrociti si traduce in accelerata sintesi di proteoglicani e formazione di nuove fibrille di collagene. Durante questa fase i condrociti producono anche interleuchina-1 che agendo in maniera autocrina inibiscono la produzione di proteoglicani e di collageno, ma incrementando la produzione di enzimi di degradativi, favorendo così l’automantenimento di un processo cronico di flogosi e degradazione della cartilagine.
La diminuita concentrazione di proteoglicani e lo scompaginamento delle fibre di collagene, creando delle fissurazioni all’interno della cartilagine prima parallele alla superficie articolare, poi perpendicolari e penetranti nell’osso sub condrale. L’unione di più fissurazioni in zone più ampie di frattura della cartilagine e la loro penetrazione nell’osso subcondrale portano alla formazione di cisti cartilaginee ed ossee, le quali, favorite forse dalla penetrazione forzata di liquido sinoviale durante i movimenti articolari, aumentano di volume causando crolli della cartilagine articolare sovrastante.
Successivamente compare una sinovite cronica a moderata attività con ispessimento della capsula articolare, aggregati di linfociti, plasmacellule, cellule giganti e accumulo di liquido sinoviale viscoso.

La distruzione delle pareti cellulari libera acido arachidonico che può essere degradato tramite enzimi specifici che lo trasformano in leucotrieni o prostaglandine che generano a livello articolare algia, calore e gonfiore. La sintesi di tutti questi elementi genera una cattiva lubrificazione e nutrizione della cartilagine provocandone un ulteriore danneggiamento.
Piccoli frammenti di cartilagine si staccano e contribuiscono ad accentuare il danno articolare, comportando una perdita delle proprietà meccaniche della cartilagine, in particolare si riduce l’azione ammortizzante delle sollecitazioni meccaniche sull’osso subcondrale.
Per sopperire a questa instabilità l’osso cerca di estendere la superficie articolare tramite lo sviluppo di osteofiti, che rappresentano uno dei segni caratteristici dell’osteoartrosi riscontrabili durante un esame strumentale. Gli osteofiti generano dolore quando entrano in contatto con un altro osteofita o quando comprimono vasi o nervi.

CLINICA
Abitualmente si distingue una forma primaria (o idiopatica) legata ad un’alterazione metabolica primitiva della cartilagine articolare, apparentemente non correlabile a nessun a nessun fattore eziologico ben definito, e una forma secondaria in cui un evento o una malattia noti sono responsabili del processo degenerativo articolare.

L’osteoartrosi solitamente insorge in maniera subdola, dopo i 40 anni per gli uomini e 55 per le femmine; anche se questi valori sono puramente indicativi. Frequentemente i segni riscontrati durante un esame radiologico non corrispondono ai sintomi riferiti dal paziente. Questa patologia può colpire differiti articolazioni interfalangee distali e, meno frequentemente, prossimali,prima carpo-metacarpale e metatarsofalangea, scafotrapezoidale; ginocchia, articolazione coxofemorale, rachide cervicale e
Lombare.
Il primo sintomo che più frequentemente si manifesta è dolore tramite la stimolazione delle articolazioni colpite; Esso insorge dapprima solo durante il movimento articolare, specialmente dopo immobilità, al risveglio mattutino o per movimenti nel sonno, con carattere lancinante; in fasi più tardive compare anche a riposo, profondo e mal localizzato, favorito da precedente abuso articolare o da cambiamenti meteorologici. Un altro sintomo frequentemente presente è la rigidità mattutina, che a differenza dell’artrite reumatoide riguarda meno articolazioni, si presenta al risveglio e dura per alcuni minuti comunque meno di mezzora, migliora con il movimento. Impotenza funzionale può comparire in fasi di riacutizzazione della malattia e negli stadi avanzati, per spasmo
muscolare antalgico e contrattura in flessione, fibrosi della capsula articolare, osteofiti e corpi liberi articolari, distruzione articolare.
All’esame palpatorio può essere presente dolorabilità delle articolazioni e algia durante il movimento passivo delle articolazioni, dove può essere presente crepitio, scroscio o scatto articolare. L’articolazione può risultare calda ma l’arrossamento e tumefazione del tessuto circostante sono rari. I segni
obiettivi delle localizzazioni articolari profonde si limitano alla dolorabilità, all’impotenza funzionale e alle deviazioni dei segmenti ossei. Negli stadi tardivi deformità e lussazioni articolari dominano il quadro, con deviazione ulnare o radiale delle falangi, ginocchio varo o più raramente valgo, alluce
valgo, ecc.; usualmente non si giunge, tuttavia, ad anchilosi e perdita totale della funzione, salvo che all’articolazione dell’anca e alla prima carpo-metacarpale.
Osteoartrosi della colonna cervicale
L’artrosi può interessare sia le articolazioni non sinoviali tra i corpi vertebrali, dove le capacità di movimento sono riconducibili al nucleo polposo circondato dall’anulus fibroso, ma anche ile articolazioni diartrodiali delle apofisi posteriori. Il tratto più colpito è la zona inferiore del rachide cervicale a causa della sua maggiore mobilità. A livello cervicale l’artrosi apofisaria

posteriore provoca dolore, rigidità e crepitii ai movimenti; l’esuberante osteofitosi e la spondilosi con protrusione postero-laterale del margine dell’anulus fibrosus o del nucleo polposo erniato attraverso di esso determina compressione radicolare C5-C6 con dolore irradiato alla scapola e all’estremità dell’arto superiore accompagnato da parestesie e ipoestesia, oppure compressione posteriore del midollo spinale con conseguente sindrome del neurone motore superiore agli arti inferiori.
In casi più gravi le alterazioni provocate dall’artrosi possono causare una compressione di una arteria vertebrobasilare e di conseguenza sporadiche perdite coscienza o disturbi sensoriali, talora scatenati da spostamenti del capo. Raramente, fugaci disturbi spinali possono essere precipitati da compressione di un’arteria spinale anteriore, oppure l’osteofitosi anteriore, usualmente asintomatica, può provocare disfagia o tosse stizzosa.
Osteoartrosi dell’anca

Osteoartrosi dell’anca. Può comparire nell’età media o anche più precocemente quando secondaria
(60-80% dei casi) a malformazioni congenite o acquisite, traumi, necrosi asettica della testa femorale, coxartrite. Il dolore acuto nell’assumere la stazione eretta, o profondo dopo carico prolungato, può essere avvertito lungo la faccia laterale della coscia sotto al grande trocantere, all’inguine, alla faccia mediale della coscia o al ginocchio, ingenerando in tal caso possibili errori diagnostici. Concomita ipotrofia e ipotonia dei muscoli gluteo e quadricipite con andatura zoppicante e un’abnorme obliquità del bacino (segno di Trendelenburg). Più tardi compare sublussazione della testa femorale nell’acetabolo e rotazione esterna, flessione e abduzione del femore, con riduzione di lunghezza dell’arto, grave impotenza funzionale e lordosi compensatoria del rachide lombare.
TERAPIA E PREVENZIONE
L’obbiettivo del trattamento e della prevenzione dell’osteoartrosi è quello di migliorare lo stato di vita del paziente, attraverso il controllo del dolore, il trattamento della limitazione funzionale e il rallentamento della degenerazione.
La terapia contro l’artrosi prevede diversi tipi di approcci, dalla terapia fisica, farmacologico a quella chirurgica. La terapia farmacologica prevede l’utilizzo di FANS per la gestione del dolore e l’utilizzo di condroprotettori (glucosamina solfato, condroitin solfato, diacereina, acido jaluronico) per rallentale il processo degenerativo a carico della cartilagine. Il trattamento chirurgico prevede: osteotomie correttive, artrodesi, emilaminectomia, protesi, pulizia artroscopica e lisi o aspirazione di ernia discale. La terapia fisica prevede l’utilizzo di tecniche manuali per il trattamento della muscolatura periarticolare, compensi posturali, limitazioni funzionali e controllo del dolore.
Tra le misure preventive rientra l’eliminazione dei fattori di rischio modificabili, quali l’eccesso ponderale, l’utilizzo corretto dell’articolazione e un corretto stile di vita.
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